Fibrillazione atriale
Aggiornamento in Medicina
Gli anticoagulanti orali ( OAC ) in pazienti con fibrillazione atriale, oltre a ridurre il rischio di ictus, potrebbero anche prevenire esiti cognitivi negativi.
Uno studio ha confrontato il rischio di incidenza della demenza tra i pazienti con fibrillazione atriale che iniziavano ad assumere diversi anticoagulanti orali.
Sono stati identificati i pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare che stavano iniziando ad assumere anticoagulanti orali in due database di assistenza sanitaria statunitensi, MarketScan ( 2007-2015 ) e Optum Clinformatics ( 2009-2015 ).
La demenza, le comorbilità e l'uso di farmaci sono stati definiti sulla base delle richieste ospedaliere e ambulatoriali.
Sono stati effettuati confronti testa a testa di Warfarin [ Coumadin ], Dabigatran [ Pradaxa ], Rivaroxaban [ Xarelto ] e Apixaban [ Eliquis ] in coorti abbinate per punteggio di propensione.
Sono stati analizzati 307.099 pazienti con fibrillazione atriale dal database MarketScan e 161.346 dal database Optum, di cui 6.572 e 4.391, rispettivamente, avevano una diagnosi di demenza incidente.
Il follow-up medio di ciascuna coorte variava da 0.7 a 2.2 anni. I pazienti che avevano iniziato ad assumere anticoagulanti orali diretti hanno presentato tassi di demenza più bassi rispetto a quelli che avevano iniziato ad assumere Warfarin ( Dabigatran: HR, 0.85; Rivaroxaban: HR, 0.85; Apixaban: HR, 0.80 ).
Non ci sono state differenze nei tassi di demenza confrontando i gruppi di utilizzatori di anticoagulanti orali diretti ( Dabigatran rispetto a Rivaroxaban: HR, 1.02; Dabigatran rispetto ad Apixaban: HR, 0.92; Apixaban rispetto a Rivaroxaban: HR, 1.01 ).
In conclusione, i pazienti con fibrillazione atriale che hanno iniziato ad assumere anticoagulanti orali diretti hanno registrato tassi più bassi di demenza incidente rispetto agli utilizzatori di Warfarin.
Non è stato osservato alcun evidente beneficio per alcun particolare OAC diretto in relazione ai tassi di demenza. ( Xagena2018 )
Chen N et al, J Am Heart Assoc 2018; 7(21):e009561. doi: 10.1161/JAHA.118.009561.
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